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“Voglio realizzare cose che mi rendono felice”, la generazione Z-Zendaya può cambiare il mondo, ma non vuole?

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Generazione Zeta, o sarebbe meglio chiamarla generazione Zendaya? L’attrice Zendaya non solo è una delle star più pagata degli ultimi anni, ma è anche il simbolo delle nuove generazioni, la generazione Z che potrebbe cambiare il mondo. In particolar modo una generazione che alle volte si sente anche rappresentata da quello che è il personaggio di Zendaya in Euphoria, ovvero Rue. “Voglio solo realizzare le cose che mi rendono felice, quelle che mi soddisfano come artista e persona”, questo quello che dichiara l’attrice. Ci troviamo di fronte ad una generazione che ha una scelta, quella di combattere per un bene comune, un esempio sono le lotte femministe, oppure scegliere di rimanere impassibili. Non è però una scelta semplice e l’argomento meriterebbe un’analisi molto più ampia.
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La Gen Z

E’ facile non pensare realmente a come siano le cose lì fuori, nel mondo di tutti i giorni. Sul Corriere della Sera troviamo un articolo dedicato alle Gen Z dove nel titolo leggiamo “I ragazzi che possono cambiare il mondo se non si arrenderanno prima”. Il problema però non è arrendersi, il problema dei giovani nati tra il 1997 e il 2012 è che si sono ritrovati per le mani un mondo al limite del recuperabile. Se l’obiettivo è quello di risanare ciò che le generazioni precedenti hanno in parte “distrutto” non è un compito facile da assolvere e abbraccio da un giorno all’altro, specialmente in una società dove la collettività sembra venir sempre meno.

Prendendo come esempio anche le parole di Zendaya, “cosa mi aspetto dalla mia carriera? Non ho un piano, non ho mai veramente pensato devo fare un progetto a partire da adesso. Voglio realizzare le cose che mi rendono felice quelle che mi soddisfano come artista e persona”. Intervista che l’attrice aveva rilasciato ad Interview Magazine.
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Egoismo sano, Zendaya e la generazione Z che può cambiare il mondo

E’ difficile dalle semplici parole di Zendaya estrarre magari un concetto di egoismo e pensare che se ogni giovane pensa “ok io faccio il mio e ciò che mi da felicità e tranquillità” allora siamo in pericolo e non ci sarà mai margine di ripresa. In questo senso sarebbe giusto parlare di un egoismo sano, dove è imprescindibile pensare prima ai propri interessi e poi al resto del mondo, alle lotte per i diritti delle donne e a salvare il pianeta.

 

 
 
 
 
 
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Vero è che la Gen Z è una generazione ancora persa che difficilmente riesce a vedere davanti a sè un futuro chiaro e cristallino perché non esistono le basi per pensarci. L’economia è in un equilibrio precario costantemente, le guerre sono dietro l’angolo, paesi ancora non del tutto sviluppati da un punto di vista sociale e culturale non manca, l’Italia che piano piano sta retrocedendo. Come aspettarsi quindi che i giovani possano risolvere tali problemi, se la maggior parte delle volte non gli viene data nemmeno la possibilità?
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Come scrive il Corriere della Sera la Gen Z si riconosce nella parola “sfiancati” perché lottano contro la mancanza di una prospettiva, ” invocano aiuto e pretendono di riceverlo”. Sicuramente anche questo è vero, ma sarebbe anche assurdo puntare il dito su di loro e pensare che possano risolvere tutto soltanto impegnandosi, le crepe nella società, nei diversi paesi, sono troppo profonde.

Il tempo per risanarle non è breve. Anzi non sarà per nulla semplice, è ovviamente possibile riuscirci, ma se le vecchie generazioni che tra l’altro si ritrovano al potere sono le prime che non ti appoggiano come si può pensare di sovvertire il futuro rendendolo roseo? Se la Gen Z è una generazione che mentalmente è totalmente aperta, che si batte per i diritti di donne, minoranze, lgbtqia+ e così via, dall’altro lato trovano un muro. Un muro fatto di pregiudizi, una società culturalmente ancora molto chiusa, a cui è troppo difficile aprire alle volte gli occhi.