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Le suore del Kung Fu a Kathmandu, una storia di forza e devozione (VIDEO)

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“Sorelle senza pietà”, così sono chiamate le suore di Kathmandu, maestre di Kung Fu, potenti interpreti di un’arte marziale al femminile. Trecento cinquanta donne, dai 6 agli 80 anni, appartenenti al Drukpa, l’Ordine dei draghi della scuola del Buddhismo tibetano. Al cuore dell’identità delle suore è la maestria nelle arti marziali. Impavide, coraggiose e devote, si allenano 6 giorni a settimana, coltivando l’unione tra arti marziali e spiritualità. Le suore Drukpa sostengono “l’uguaglianza di genere, la forma fisica, uno stile di vita rispettoso dell’ambiente e il rispetto per tutti gli esseri viventi”. Questa è la loro storia. (Continua dopo la foto)
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Suore del Kung Fu a Kathmandu - "Sorelle senza pietà"

Chi sono le Suore del Kung Fu dell’ordine Drupka: storia di una rivincita

Le Suore del Kung Fu appartengono ad un ordine di monache buddiste che appartiene al lignaggio Drukpa Kagyu (in lingua tibetana druk = “Drago del Tuono”, pa = “persona”, ovvero “scuola”), una setta millenaria guidata dal Gyalwang Drukpa e una delle scuole maggiori all’interno della tradizione Kagyu del Buddhismo tibetano. Come suggerisce il nome, le Suore del Kung Fu affrontano anni di pratica delle arti marziali come parte della loro iniziazione religiosa. Le monache di questo ordine religioso dell’Himalaya provengono dal Nepal, Tibet, India e Bhutan e fanno riferimento al monastero Drupka di Kathmandu, il primo interamente femminile.

Nel corso della storia del Buddismo, le donne dell’Himalaya che cercavano di praticare allo stesso livello spirituale dei monaci maschi venivano stigmatizzate, sia dai leader religiosi che dai costumi sociali conservatori all’esterno dei monasteri. La loro presenza nei monasteri era limitata alla cucina e alla pulizia, per il timore che contaminassero con il loro tocco uomini e cose. Era loro proibito svolgere attività che comportassero sforzi fisici, dirigere preghiere o anche cantare ed erano sicuramente escluse dagli intensi dibattiti filosofici incoraggiati tra i monaci maschi.

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Negli ultimi decenni, tali restrizioni sono diventate il cuore di una furiosa battaglia intrapresa da migliaia di monache in molte sette del buddismo himalaiano. A guidare la carica per il cambiamento sono le Monache di Kung Fu, la cui setta Drukpa iniziò un movimento riformista 30 anni fa sotto la guida di Jigme Pema Wangchen, conosciuto anche come il 12° Gyalwang Drukpa, pronto a sconvolgere secoli di tradizione perché le monache portassero il messaggio religioso della setta aldilà dalle mura del monastero.

Ma i cambiamenti non sono avvenuti senza scatenare forti reazioni, varie volte i buddisti conservatori hanno minacciato di bruciare i templi Drupka. L’astio scatenato fra i monaci contro l’ordine femminile ha innescato nelle monache un senso di protezione e difesa, esacerbato da un’irruzione nel convento nel 2008, che le ha portate all’iniziazione al kung fu, l’antica arte marziale cinese. In tutta la regione dell’Himalaya e nel resto del mondo, le seguaci del Drupka seguaci ora uniscono la meditazione con le arti marziali. Fa parte della missione spirituale dell’ordine raggiungere l’uguaglianza di genere e la forma fisica.

“Il Kung Fu ci aiuta a rompere le barriere di genere e a sviluppare la fiducia interiore“, ha dichiarato una monaca in un’intervista al New York Times, “Aiuta anche a prendersi cura degli altri durante le crisi”.

Emancipazione femminile e difesa dell’ambiente nell’Himalaya

Le credenze buddiste invitano le monache a condurre una vita rispettosa dell’ambiente. Oggi infatti le monache Drukpa non solo praticano il Kung Fu e la meditazione, ma si occupano degli altri e dell’ambiente. Gestiscono un centro medico e un rifugio per animali. Il vasto monastero della setta oggi ospita 350 suore, dai 6 agli 80 anni, che vivono con anatre, tacchini, cigni, capre, 20 cani, un cavallo e una mucca, tutti salvati dai coltelli dei macellai o dalle strade.

Ogni anno le monache camminano per mesi in pellegrinaggio da Kathmandu al Ladakh, in cima all’Himalaya, per raccogliere rifiuti di plastica e sensibilizzare le persone sui cambiamenti climatici. Lungo il percorso, si fermano per educare le persone nelle zone rurali del Nepal e dell’India sull’uguaglianza di genere e sull’importanza delle ragazze. Le Suore del Kung Fu tengono corsi di autodifesa per donne e hanno percorso 14.000 miglia in bicicletta per protestare contro il traffico di donne e ragazze. Eroi dell’Himalaya, queste donne forti hanno portato rifornimenti ai villaggi difficili da raggiungere dopo il terremoto che ha colpito Kathmandu nel 2015.

La giornata della “Suore senza pietà”

Tutte le suore del convento sono addestrate nelle arti marziali come forma di autodifesa e per rafforzare la forza. Ma come inizia una giornata nel monastero a Kathmandu? La giornata inizia alle 3 del mattino con due ore di preghiera e meditazione. Quindi lasciano le loro vesti rossi per indossare un’uniforme marrone ed eseguono il loro allenamento marziale mentre il sole sorge, tutti i giorni eccetto la domenica. Si allenano tre ore al giorno e rompono i mattoni a mani nude. A volte offrono lezioni agli abitanti dei villaggi, in particolare alle donne. Ma il kung fu e la meditazione non sono tutto: le suore si occupano anche di questioni secolari. Il sabato è il giorno delle pulizie all’interno e all’esterno del monastero, ma non è tutto. Lavorano come pittrici, artiste, idrauliche, giardiniere, elettriciste e muratrici, e gestiscono anche una biblioteca e un ambulatorio medico per laici.

Questa è una storia di determinazione, impegno e resilienza, di donne coraggiose che hanno unito le loro forze per ispirare altre giovani e guidarle verso l’emancipazione, una storia che ha lasciato un’impronta profonda nel Himalaya, giungendo fino a noi. [GUARDA IL VIDEO]

Fonti: The Guardian, The New York Times, NBC News