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“MeToo arriva a Milano”: scoppia il caso di molestie nell’agenzia We Are Social

Monica Rossi, parte da questo nome lo scandalo che sta sconvolgendo le agenzie di pubblicitarie di Milano, in particolar modo We Are Social. Nella bio di questo falso profilo è riportato “uomo, anarchico, arrogante” e si nasconde dietro il nome un creator molto noto specialmente su Facebook. Nasce tutto da un’intervista che proprio questa Monica Rossi pubblica in data 9 giugno e che è stata fatta a Massimo Guastini, molto noto proprio nel settore pubblicitario. Guastini accusa pubblicamente senza paura un direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria di molestie nei confronti delle colleghe e dipendenti e cita anche quella che poi è We Are Social.
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La prima voce di Massimo Guastini ha poi dato il via alle voci di tantissime altre donne che hanno deciso di raccontare le molestie subite, come Taniume, ovvero Tania, sul suo profilo Instagram dove ha confessato di aver dovuto ascoltare per tanto tempo allusioni sessuali e insulti da parte dei capi. Sono proprio i social che stanno permettendo questo “passa parola” in merito alle proprie esperienze traumatiche sul posto di lavoro nella pubblicità. Parliamo non solo di Instagram, ma anche Facebook e Linkedin.

Le dichiarazioni sconvolgenti di Massimo Guastini


Nell’intervista quando a Massimo Guastini viene posta una domanda in merito al suo lavoro risponde che “nel nostro ambiente oltre ai problemi di remunerazione ci portiano ancora dietro problematiche legate al maschilismo e di conseguenza alle molestie e abusi sessuali”. Delle dichiarazioni che ovviamente allarmano tutti.
Guastini identifica come uno dei molestatori seriali nel settore della pubblicità Pasquale Diaferia e afferma che è sicuro lo sia stata dal 2007 al 2016, ma se è vero che il lupo perde il pelo, ma non il vizio, sicuramente potrebbe ancora esserlo no? A quanto parrebbe forse si da testimonianze che stanno arrivando da moltissimi ex dipendenti.
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Parla inoltre di una sua stagista che era stata molestata da Diaferia: “Lei aveva 20 anni e lui 50. Si offrì di accompagnarla a casa. Invece parcheggiò in una zona isolata e tentò approcci sessuali inopportuni dal momento che lei continuava a respingerlo. Non ci fu stupro, ma decisamente quelle furono molestie sessuali.” Sfortunatamente però la lista sembra essere molto lunga e gli episodi molteplici, Guastini infatti nell’intervista racconta di altre donne e si pronuncia anche sul perché Diaferia non sia mai stato in carcere o indagato.


“Banalmente” come dice lui perché molte donne hanno avuto paura, perché erano la loro parola contro quella di un personaggio assai noto e spesso interviene quella che è la voglia di non rivivere più il passato e certi traumi che comunque ti segneranno. Ciò che è successo per molte altre donne anche nel caso Weinstein e che sono venute a galla sono molti anni dopo. Se davanti si ha una persona potete, spesso ci si sente sviliti e convinti che nulla cambierà.
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Cosa c’entra We Are Social?

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Non è finita però qui, la bufera che sta letteralmente investendo l’agenzia pubblicitaria We Are Social è legata a Guastini e alle dichiarazioni in merito alla cosiddetta “chat degli 80”, una chat con solo uomini dell’azienda che non fanno altro che parlare di quanto le donne dell’agenzia possano essere belle, brutte, “ribaltabili” e via dicendo. Solo a sentire ciò ovviamente il disgusto difficile da frenare, anzi, è facile intuire come le parole su quella chat possano offendere chiunque.


L’azienda però si difende asserendo che da sempre condannando ogni forma discriminazione e atteggiamenti inappropriati e possiamo comunque immaginare come continui il comunicato cercando di far capire che respingeranno le accuse. Sono stati inoltre intervistati ex dipendenti che espongono l’agenzia dichiarando che l’ambiente di lavoro era altamente tossico e maschilista, dove comportamenti da adolescenti erano all’ordine del giorno.

Fonte: intervista di Monica Rossi a Massimo Guastini (Facebook)